La pajata torna sulle tavole degli italiani

La pajata torna sulle tavole degli italiani

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Si è festeggiato questa mattina il ritorno sulle tavole degli italiani della pajata, con un evento a Roma, presso il Centro Congressi di Palazzo Rospigliosi, sede della Coldiretti
La vera pajata manca, infatti, da quasi quattordici anni dalle tavole degli italiani per effetto delle restrizioni sanitarie, adottate nel luglio 2001, per far fronte all’emergenza mucca pazza (Bse).
Ma che cos’è la pajata? E’ il termine romanesco per definire la prima parte dell’intestino tenue del vitello da latte, che è stato fino ad oggi sostituito nei ristoranti e nelle trattorie dall’intestino d’agnello. 

La ricetta tradizionale prevede che l’intestino venga lavato, ma non privato del chimo, in modo tale che, una volta cucinato, possa dar forma ad una salsa di sapore acre e forte, cui si aggiunge il pomodoro.
Con questo sugo si realizza uno dei piatti più tipici della cultura gastronomica della capitale: i rigatoni con la pajata.
In alternativa può essere consumata come secondo piatto, cucinata al forno, in umido o alla brace. Nelle Marche, soprattutto nella zona di Ancora, si usa fare la pagliata arrostita alla brace detta spuntature.
Il recupero di questo alimento, è il risultato della lunga battaglia della Coldiretti, culminata con successo, grazie al voto favorevole a Bruxelles, dal comitato permanente vegetali, animali, derrate alimentari e mangimi dell’Unione Europea, per la modifica del regolamento comunitario n. 999/2001 sulle misure di prevenzione e controllo della Bse. 

Un risultato importante per consumatori, ristoratori, cuochi, macellatori e allevatori che oltre ad avere rilevanza sul piano gastronomico ha anche effetti su quello economico con la valorizzazione dell’allevamento italiano in un difficile momento di crisi”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo che ha sottolineato anche il determinante impegno del Ministero della Salute.
Viene così modificato, l’elenco degli organi a rischio, consentendo così di recuperare la colonna vertebrale, ma, soprattutto, l’intero pacchetto intestinale. 
Una decisione che è una giusta conseguenza del fatto che non si registrano casi di mucca pazza, tra bovini in Italia, per il rigido sistema di controlli e per le misure di sicurezza messe in atto anche con grandi sacrifici dagli allevatori. 

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